Cristina quella sera se ne andò a dormire con una brutta sensazione. Si infilò sotto il piumone, piano, per non svegliare Nick, e prima di spegnere la luce fissò per un attimo la sua nuca abbandonata sul cuscino. E non provò nulla. Poi al buio riflettè su questo nulla e si chiese a cosa fosse da ricondurre. A una mancanza, si rispose. Qualcosa era finito ed ebbe la certezza che fosse finito per sempre. Provò a tornare indietro, a riavvolgere il nastro dei sentimenti che aveva provato per Nick fino a quel momento, perchè voleva tornare a provarli ancora, perchè senza di loro cosa ne sarebbe stato di lei? Erano loro che l’avevano sostenuta, che le avevano fornito una ragione per vivere. Lei aveva costruito tutta la sua vita sull’amore e sull’odio che provava per lui, a fasi alterne, e si era lasciata cullare dall’andare e venire di questi sentimenti contrastanti. Cercò dentro di sè l’amore e l’odio, la tenerezza e il risentimento, la passione e il rancore, ma non erano cose da poter afferrare con le mani e rimettere al loro posto. Ma perchè non erano rimasti almeno l’odio, il risentimento e il rancore? Si chiese sopraffatta dallo smarrimento. O, ancora meglio l’amore e la tenerezza? Ma poi capì che questi per esistere avevano bisogno l’uno dell’altro, che l’amore non poteva esistere senza l’odio, nè la tenerezza senza il risentimento. Come lei non avrebbe potuto vivere senza Nick. Ma, si rese conto improvvisamente, da quel momento in poi vivere con Nick avrebbe avuto il sapore della mancanza, del nulla e del rimpianto. Forse ci sarebbero stati ancora dei momenti felici ma sarebbe stata una felicità dovuta alle cose, non a loro. Non più. E a poco a poco si sarebbero abituati a questo nuovo modo di essere felici e si sarebbero dimenticati di com’era esserlo veramente.